Camille MAUCLAIR (1872.1945)

Manoscritto autografo firmato – Heredia.

Cinque pagine in-4° numerate nell'angolo.

Slnd. [1925 o 1926]

 

“Ho amato subito quest'uomo di cui conoscevo solo pochi gruppi di sonetti firmati con un nome abbagliante, affascinante e misterioso. »

Dopo la pubblicazione del libro tributo di Armand Godoy a Heredia, nel 1925, a cura di Alphonse Lemerre, Camille Mauclair elogia l'arte del sonetto e la grandezza d'animo del poeta franco-cubano.

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OMAGGIO A JOSÉ MARIA DE HEREDIA.

“Di tutti i maestri ai quali la mia oscura, povera, appassionata e losca giovinezza volle e temette di avvicinarsi, intorno al 1891, nessuno mi diede meglio, fin dal primo sguardo e dalla prima parola, la confortante impressione di rettitudine e di gentilezza. Amai subito quest'uomo di cui conoscevo solo pochi gruppi di sonetti firmati con un nome abbagliante, affascinante e misterioso.

Le conversazioni in rue Balzac e alla Bibliothèque de l'Arsenal mi hanno lasciato un umano , perché già sotto i talenti degli artisti ricercavo avidamente i caratteri degli uomini, sognavo la loro unione nella stessa bellezza, e la loro la disuguaglianza mi ha spesso fatto soffrire in segreto. Con Heredia, nient'altro che gioiosa confidenza: una natura, come si suol dire, "tutta d'oro", un essere bello, un'anima sana dove nulla di meschino può insinuarsi, l'affabilità più delicata, tutto ciò che caratterizza la parola “cavalleresco” senza alcun atteggiamenti romantici e una conoscenza profonda e pietosa delle ansie e delle prove della giovane vita.

Abbiamo portato a Heredia, a me e ai miei compagni, preoccupazioni, teorie, schizzi che, ovviamente, potrebbero non piacergli. Altrove ci sono valsi brutali esclusioni o ipocriti rimproveri. Ci combatteva, ci attaccava violentemente, ma finiva sempre con la sua incredibile risata e la sua leale stretta di mano, e se difendeva i diritti tradizionali di quest'arte, i suoi versi di cui era scrupoloso e magnifico artefice, sapeva ritrovare in per noi ciò che poteva fiorire, discerneva ciò a cui avremmo rinunciato dopo l’esperienza. Bastava che avessimo portato cuori sinceri a questa poesia per la quale viveva: eravamo suoi amici e quasi suoi figli. Quante volte, nel lasciarlo, mi sono detto sottovoce: “Quanto è bello un uomo onesto! »

Ho spesso variato il mio apprezzamento delle opere. Ci prendiamo una cotta, facciamo surf, partiamo, torniamo. Di fronte al lavoro di Heredia non sono mai cambiato. È stato spesso visto come l'espressione suprema di un gelido ideale parnassiano. La specializzazione nel sonetto è stata criticata. Una generazione pazza di musica e che conduce frettolosamente la strofa poliritmica alla degenerazione e alla polvere sonora di un debussismo verbale, avrebbe potuto spazientirsi di questa poesia plastica e decorativa, di questi altorilievi policromi, di queste vetrate, di questi smalti, di quest'arte senza brivido escludendo le fughe voluttuose di una sottile incompletezza.

Da trent'anni, ogni volta che rileggo i Trofei , la mia passione per gli altri poeti ha lasciato intatto il mio giudizio primitivo. Quest'arte concentrata, saggia, forte, sovrana mi ha commosso con la sua disciplina vivente e la sua statura potente tanto quanto i preludi del Clavicembalo Ben Temperato e dei bronzetti di Rodin. Scultoreo e pittorico, certo, ma profondamente poetico per l'alta virtualità del suo ritmo e per il dono evocativo di ogni parola impeccabilmente scelta e fissata, un sonetto di Heredia mi appare sempre come un organismo completo la cui perfezione non ha nulla di freddo , [sic] la forma assorbe più emozioni di quante ne restringe, e che si sviluppa in piena vita con la maestosità ma anche la naturale verità di un ordine Poussin. Mai la parola “classico” è stata capace di assumere un significato più antiscolastico.

È bella e alta la fortuna letteraria di un uomo che ha saputo perfezionare un libro del genere. E da certe sue regioni, dalla serie dei sonetti latini pastorali, dove dopo la frenesia frenetica dei centauri si placa all'imbrunire la vita ingenua dei pastori, emerge una specie di triste dolcezza che mi sembrava sempre più umana. . Mi tornavano alla memoria, questi sonetti, davanti al mausoleo di Saint Rémy in Provenza o, agli Alyscamps di Arles, davanti al sepolcro dove la sagoma in cenere della piccola patrizia Aelia, quasi indistinta, delinea ancora un gesto della modestia nel sonno eterno. Ho allora preferito al pittore dei Conquistadores, all'orafo, al prestigioso frescante in quattordici versi, allo smaltatore su fondo oro, questa Heredia intima, pura, malinconica, che sapeva ritrovare le tinte di un primitivo senese per far rivivere figure dell'Antologia, e svelare questo cuore che si diceva fosse troppo nascosto sotto una corazza cesellata dal Rinascimento.

No, certo, Heredia non ha ignorato nulla delle attrattive e della magia della sensibilità : ne ha rifiutato solo la morbidezza e il disordine, e la sua chiarezza è completata da squisite penombre e questo modellatore, questo incisore di colori, questo direttore di monotipi, di cui è stato elogiato soprattutto quella applicabile ad un medaglista e ad un pittore, era anche capace di godere del fascino della “pura poesia”. Li ha assaporati in Baudelaire, li ha apprezzati in Mallarmé, li ha intuiti in Valéry, e ha capito noi, i giovani simbolisti, molto meglio di Verlaine deificandoci. 

Nessuno dei personaggi famosi dell'epoca ci indovinò come Heredia. Ma aveva scelto con fermezza il campo in cui voleva esercitare la sua volontà creativa, e il sonetto, per noi motivo di imbarazzo, era la sua cornice, e lo spettacolo della sua lenta ricerca di una perfezione non fissata è ammirevole. Le opere incompiute di Heredia, come ce le ha conservate la pietà di Pierre Louÿs e come ce le rivela ora la pietà di Armand Godoy verso queste due morti, daranno un'idea sempre più commovente dell'uomo e dell'artista. e più in alto, completando il suo esempio morale. Camille Mauclair »

 

 

 

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